venerdì 21 agosto 2009

All'ombra degl'ippocastani

















In tutti i miei blog e non solo, si parla del mio ultimo libro dal titolo "All'ombra degl'ippocastani", edito dalla Casa Editrice Albatros Il Filo, distribuito da Ugo Mursia. In questo blog, vorrei aggiungere alcune notizie circa questo libro, che non si trovano da nessun altra parte.



La Storia:


La stesura di questo testo è iniziata per scherzo, all'incirca nell'estate del 1993. Era una giornata abbastanza calda ed io abitavo ancora a Lonigo, in centro. Ricordo che quel mattino avevo una gran voglia di scrivere qualcosa, una smania vera e propria. Raccolsi per casa alcuni fogli A4, circa una ventina e li pinzai assieme con una graffettatrice.

Mia moglie, per il compleanno, aveva ricevuto in regalo una stupenda matita da 0,5 mm della Rotring, totalmente in alluminio leggerissimo che coadiuvava la scrittura in modo impeccabile. Gliela chiesi in prestito. Sedetti sulla panca sotto alla pergola di passiflora che avevo nel giardino dietro casa ed iniziai a scrivere.

Volevo regalare al foglio qualcosa di particolarmente bello. Qualcosa che restasse nel tempo, anche se non avevo ancora realizzato la possibilità di farne un libro. Non una banalità o un racconto fra tanti ma una storia che coinvolgesse ed incuriosisse il lettore, magari un fatto vero che avrei interpretato immedesimandomi in qualche personaggio.

Pensai così ad un evento che in qualche modo avevo vissuto, anche di riflesso, e cercai di viverlo con tutte le sensazioni e le emozioni che mi fu possibile. Profumi, colori, particolari, immagini e ricordi iniziavano lentamente a prendere forma nella mia mente. Sentivo che ogni volta che andavo avanti nella stesura c'era qualcosa in me che stava crescendo in modo esponenziale a beneficio del lettore. La cosa straordinaria fu che non riuscivo a capacitarmi di essere io l'autore delle parole che andavo scrivendo. Rileggevo e mi innamoravo delle mie stesse parole. Ogni nuovo stralcio che regalavo al foglio lo facevo leggere a qualcuno per avere un riscontro. Mi avvalsi in prima istanza del parere di persone a me vicine, poi, non contento e sospettando una forma di campanilismo senza freno, scelsi persone che conoscevo appena, poi estranei.

Ogni critica era estremamente positiva e mi si incoraggiava a continuare.

Gli sviluppi:


Erano da poco trascorsi tre anni quando pensai che la mia opera fosse terminata. Iniziai a rileggerlo una prima volta e lo sconvolsi radicalmente.


Questa fu un'operazione che si ripetè almeno una ventina di volte, senza esagerazione. Dopo molte revisioni mi fu suggerito di fare leggere il racconto a qualcuno che potesse avere voce autorevole nella letteratura.


Passai lo scritto all'ex giudice e scrittore Bruno Meneghello, fratello del più famoso Luigi. Lo lesse e mi lasciò anche una recensione scritta oltre a molti suggerimenti per tentarne la pubblicazione. Seguii molti dei suoi consigli.


Il gatto e la volpe:


Dopo avere inviato il mio scritto ad una quindicina di case editrici, in giro per il Bel Paese e non ottenendo quasi alcuna risposta decisi di rivolgermi ad alcuni editori locali. Tra tutte le case editrici importanti ebbi una risposta lusinghiera dalla Donzelli, che per voce di Lisa Ginsburg in persona mi disse che avrebbe preso in mano il mio scritto subito dopo le ferie di quell'anno e mi invitò a richiamare. Così feci ma dopo le ferie alla Donzelli era cambiato qualcosa, la signora Ginsburg non c'era più e chi si doveva occupare della lettura dei testi inviati, non aveva certo la sua dolcezza ne predisposizione ai rapporti sociali. Un giorno mi ritrovai ad una festa di una nota azienda del Veneto, una multinazionale, di quelle che una volta l'anno aprono le porte alla gente comune. In quest'occasione conobbi un paio di personaggi che per discrezione e decenza preferisco chiamare il "Gatto e la Volpe". In pochi minuti si instaurò una specie di amicizia e di scambio di idee e opinioni che si consolidò in seguito. Fui lusingato ed incuriosito poichè il Gatto e la Volpe mi raccontarono che avevano mani in pasta in una casa editrice locale. Era tutto vero! Lessero i miei scritti e ne rimasero colpiti, il Gatto particolarmente insisteva nel dirmi che il mio era un capolavoro, degno di un Bassani, che bisognava fare di tutto per pubblicarlo. In tre mesi ricevetti da lui qualche centinaio di telefonate tutte, paranoicamente, con lo stesso tema: "è stupendo, mi sembra di leggere " Il giardino dei Finzi Contini", in questo libro c'è l'anima e la si sente tutta".

Un bel giorno la Volpe mi chiese di poter fare leggere "All'ombra degl'ippocastani" ad un attempato signore vicentino che dicono, sia uno scrittore o si atteggi a tale. I due compari erano decisi a pubblicare il mio libro, era solo questione di breve tempo. Insistevano! Mi criticarono il titolo del libro, dicendo che somigliava ad un testo di poesiole per innamorati e che andrebbe decisamente cambiato. Tutto questo mentre il mio libro era in parcheggio ed in seguito capii il perchè. L'attempato scrittore pubblicò grazie al Gatto e la Volpe un suo libro, guarda caso molto simile al mio soprattutto nelle caratteristiche descrizionali di personaggi tipici di paese.


La pubblicazione:


A dicembre del 2008 ho inviato il mio lavoro alla casa editrice che l'ha pubblicato. A fine febbraio ho ricevuto per posta il contratto. Ai primi di aprile 2009 è iniziata la mia avventura con l'Editor e dopo circa un mese con il Grafico, due persone eccezionali ed altamente professionali. Tutto lo staff della casa editrice è di altissimo livello e la collaborazione che offrono è encomiabile. Oggi il mio libro lo si può trovare presso tutte le librerie d'Italia. Sarà presente al Book Festival di Pisa e alla Fiera del Libro di Torino. Dal 28 al 30 agosto sarà presentato a Libriamo2009, a Vicenza ed è stato iscritto ad un premio nazionale. Maggiori informazioni si possono attingere dal sito costruito appositamente dalla Casa Editrice Il Filo oppure presso il mio blog.

Obiettivi....


Il mio obiettivo ora è quello di presentare il libro in quanti più posti mi sia possibile. La recensione del Critico Cinematografico, Michele Serra, ha in realtà toccato un sogno che da tempo coltivo: la realizzazione di un film.


Dennis Dellai, regista di Terre Rosse, leggerà "All'ombra degl'ippocastani" con l'auspicio che veramente ne nasca un film. Sono certo che le idee che ho in mente e la genialità di un regista come Dellai possano fondersi in un crogiolo per realizzare un'opera importante, legata al territorio e che soprattutto resterà nella memoria storica del Veneto come "I piccoli Maestri" oppure come "Il prete bello".

Ho per lungo tempo cercato di rintracciare Carlo Mazzacurati e Daniele Luchetti per proporre loro la medesima idea ma non sono stato in grado di mettermi in contatto con loro. Ho impiegato quasi sedici anni per raggiungere la pubblicazione del libro. Adesso se ne serviranno altrettanti per farne un film sono pronto! Mi rimboccherò le maniche.



Paolo Maria Coniglio



giovedì 20 agosto 2009

La Voce Liberar Bandito e il Pentitismo Moderno



Nel periodo storico attorno all’anno 1500, bande rivali mettevano il terrore nei vari paesi. Nel 1574, con la legge sul flagrante crimine, il Consiglio dei Dieci Magistrati di Venezia aveva deciso di intervenire con una politica criminale più incisiva.
Fino a tale momento l’intervento del Consiglio Dei Dieci era stato sporadico e basato sul dialogo. L’instabilità dell’ordine pubblico aveva indotto il massimo organo politico giudiziario a correggere l’attività dei tribunali locali, anche su pressione di vari ambasciatori inviati a Venezia da Brescia e dalla Riviera di Salò con la richiesta di un pronto intervento contro delitti e banditismo.
Fu così inviato un provveditore straordinario ma erano solo questi interventi estemporanei a contrastare la criminalità. Presto emerse che il banditismo era legato a potenti lignaggi familiari perciò nel luglio del 1578 tutti i forestieri “che servono a particolari per bravi (latori ed esecutori di violenza) ovvero che accompagnano qualsivoglia sorte di persone particolari con arme”, vennero invitati ad allontanarsi dallo stato, pena l’impiccagione.
L’episodio che innescò la reazione del Consiglio fu probabilmente l’uccisione di un membro della famiglia Piovene ad opera di Orazio Godi, appartenente ad una casa rivale. Nel 1579 erano ancora i tribunali locali a concedere la “voce liberar bandito”. Ad esempio se uno commetteva un omicidio, era ricercato ma se a sua volta uccideva un altro con altri omicidi sulle spalle, invocava la “voce liberar bandito” ed era scagionato, invocabile anche presentando la testa mozzata del bandito ucciso al fine che fosse riconosciuta presso la pietra del bando che esisteva in ogni città. Un breve processo tramite testimoni attestava l’identità del bandito e l’effettiva uccisione da parte dei richiedenti la voce.
Nel cuore del 1500 il modo lento e a volte discutibile della macchina della giustizia adottava questo sistema. Oggi a distanza di oltre mezzo millennio la giurisprudenza non cambia cliché, un tempo si chiamava “voce liberar bandito”, la chiave moderna è “collaboratore di giustizia” due modi per pagare il prezzo con la società che nonostante gli oltre cinquecento anni che ci sono in mezzo, variano veramente di poco.








Riflessione:




Erano i nostri antenati ad avere adottato provvedimenti all'avanguardia, oppure è la nostra giurisprudenza che utilizza sistemi antichi? Abbiamo bisogno dell'aiuto dei criminali per sconfiggere il crimine. Non c'è stato progresso in tutto questo tempo? La risposta è NO! I collaboratori di giustizia, oltre ad essere stipendiati, quindi pagati con i nostri soldi, hanno la possibilità di iniziare una nuova vita, con un nuovo lavoro, una nuova identità. Non è poco direi per chi ha vissuto al margine della società commettendo orribili crimini!


Forse, se venissero messi a disposizione delle forze dell'ordine, strumenti più efficaci e meno burocrazia potremmo avere una macchina della giustizia più performante.


Finchè chi governa legifera in modo mirato per evitare le intercettazioni telefoniche invocando la privacy, finchè esiste l'immunità parlamentare, finchè le più alte cariche dello Stato non possono essere toccate durante il loro mandato, ho la netta impressione che l'esempio che viene profuso non sia di grande insegnamento.


Per i giovani, per i recidivi, per le generazioni a venire, per chi di natura è incline alla devianza, per i diversamente onesti, c'è bisogno della certezza della pena!!!








Paolo Maria Coniglio